Dantedì


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dal 25 marzo 2020

Celebriamo la Giornata di Dante ricordando due passi della Divina Commedia in cui il sommo Poeta cita due città della nostra provincia: Alessandria e Casale Monferrato.

Da notare che, al pari di molti altri comuni della nostra provincia, Alessandria e Casale hanno onorato la memoria del sommo Poeta intitolandogli una via cittadina.

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Dante nomina la città di Alessandria, acerrima nemica del marchese Guglielmo VII di Monferrato.

Per contrastare la potenza raggiunta da Guglielmo VII, i cui domini nel decennio 1275-85 si erano estesi fino ad occupare Milano, si formarono coalizioni soprattutto da parte dei Savoia e di Matteo Visconti. Guglielmo chiese quindi rinforzi alla città di Alessandria, ma questa gli si ribellò e, fattolo prigioniero, lo rinchiuse in una gabbia di ferro dove fu tenuto fino alla sua morte (6 febbraio 1292). La guerra che il figlio Giovanni I scatenò contro Alessandria per vendicare il padre e riconquistare i territori perduti sparse desolazione nel Monferrato e nel Canavese, le due regioni che costituivano il Marchesato di Monferrato.

Quel che più basso tra costor s’atterra,

guardando in suso, è Guglielmo marchese,

per cui e Alessandria e la sua guerra

fa pianger Monferrato e Canavese

Purgatorio, (VII, 133, 136)

Dante cita Casale Monferrato quale paese d’origine di Ubertino da Casale (ca 1259-1330), predicatore e teologo francescano.

Attraverso le parole di San Bonaventura, Dante biasima sia Ubertino, per aver deviato dalla Regola rendendola eccessivamente rigida, sia Matteo d’Acquasparta, altro teologo francescano, per averla invece interpretata in modo troppo blando:

ma non fia da Casal né d’Acquasparta,

là onde vegnon tali a la scrittura,

c’uno la fugge e altro la coarta

Paradiso, (XII, 124-126)

Interessante leggere nel Romanzo “Il nome della Rosa” (1980), i passi in cui lo scrittore alessandrino Umberto Eco inserisce il personaggio di Ubertino tra gli amici del protagonista Guglielmo da Baskerville e cita Dante.

Lo troviamo nel capitolo:

…Ci appressammo. L’uomo, udendo il rumore dei nostri passi, alzò il volto. Era un vegliardo, col volto glabro, il cranio senza capelli, i grandi occhi celesti, una bocca sottile e rossa, la pelle candida, il teschio ossuto a cui la pelle aderiva come fosse una mummia conservata nel latte. Le mani erano bianche, dalle dita lunghe e sottili. Sembrava una fanciulla avvizzita da una morte precoce. Posò sui di noi uno sguardo dapprima smarrito, come lo avessimo disturbato in una visione estatica, poi il volto si illuminò di gioia….Ci trovammo davanti a Umbertino da Casale. Di lui avevo già sentito parlare a lungo, anche prima di venire in Italia, e ancor più frequentando i francescani della Corte Imperiale. Qualcuno mi aveva detto che il più grande poeta di quei tempi, Dante Alighieri da Firenze, morto da pochi anni, aveva composto un poema ( che io non potei leggere perché era scritto nel volgare toscano) a cui avevano posto mano e cielo e terra, e di cui molti versi altro non erano che una parafrasi di brani scritti da Ubertino nel suo Arbor vitae crocifixae

Il nome della Rosa, (primo giorno: ora sesta – Dove Adso ammira il portale della chiesa e Guglielmo ritrova Ubertino da Casale)

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