L’eredità culturale di Carlo Vidua di Conzano


Mostra visibile online permanentemente

a cura di Pier Maria Stabile

coordinamento di Andrea Spagni

«Ma che colossi!» è l’espressione ammirata con cui, in una sua lettera, il casalese Carlo Vidua di Conzano si riferisce alle maestose statue di Ramesse II che decorano il tempio rupestre di Abu Simbel da lui esplorato nel marzo 1820 durante il viaggio in Egitto che rappresenta la tappa più significativa del suo primo tour fuori dall’Europa. In occasione della visita alla terra dei faraoni, il Vidua apprese che il canavesano Bernardino Drovetti, già console di Francia in Egitto, intendeva vendere la sua celebre collezione di antichità egizie.

Consapevole dell’eccezionale importanza della raccolta, ambita anche da Paesi come la Francia, il Vidua si adoperò con determinazione presso il governo sabaudo per convincerlo a formalizzarne l’acquisto.

Malgrado i numerosi ostacoli politico-diplomatici che segnarono le trattative protrattesi per quattro anni, l’imponente collezione Drovettiana fu acquisita alla fine del 1823 per ordine del re di Sardegna, diventando così il nucleo fondativo del Museo Egizio di Torino inaugurato duecento anni fa.

L’Archivio di Stato di Alessandria intende celebrare tale bicentenario ricordando la figura di Carlo Vidua con una mostra virtuale di diversi documenti, molti dei quali inediti, alcuni provenienti dall’Archivio di Stato di Torino, che con l’occasione si ringrazia per la gentile concessione del materiale documentario.

La documentazione esposta ricostruisce la storia ottocentesca della famiglia Vidua e del suo patrimonio anche culturale.

Oltre alla mostra documentaria, che potrete apprezzare permanentemente online, è possibile approfondire la conoscenza della figura del Vidua attraverso due testi redatti dal Dott. Pier Maria Stabile, che -con dovizia di particolari e passione- fa viaggiare il lettore nella storia.

© Tutti i diritti riservati – ai sensi della Legge n. 633 del 22 aprile 1941.

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Il conte Carlo Fabrizio Vidua di Conzano conferisce al notaio Giovanni Giacomo Ronfani la procura generale e speciale ad agire in nome e per conto suo in sede giudiziale ed extragiudiziale per l’acquisto, vendita e permuta di immobili, l’amministrazione del suo patrimonio (riscossione di affitti e altre rendite) e l’esecuzione di operazioni finanziarie di prestito.

 Atto di apertura e pubblicazione del nuovo testamento segreto del conte Pio Vidua di Conzano.

Atto di presentazione del nuovo testamento segreto del conte Pio Vidua di Conzano al Senato del Piemonte in Torino, ricevuto dal senatore Carlo Ceresa, conte di Bonvillaret e dal sostituto segretario civile Pron.

Intestazione e incipit del nuovo testamento segreto del conte Pio Vidua di Conzano in cui egli, a seguito della scomparsa del figlio celibe, conte Carlo Fabrizio, e del conseguente ritiro del precedente atto di ultime volontà del 19 settembre 1827, dispone in modo diverso del suo patrimonio.

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Il conte Vidua assegna alla moglie, contessa Enrichetta Galleani d’Agliano, l’usufrutto «pieno, ampio, e libero» su alcuni immobili (il palazzo di Casale, la «casa civile di Conzano di antico possedimento», la villa di San Maurizio di Conzano) e quello generale su tutti i beni mobili esistenti nei predetti edifici ad eccezione della sua libreria personale, esistente nella residenza casalese. Il testatore istituisce poi una lunga serie di legati a favore del giovane pronipote cavalier Luigi Millo, figlio di Giuseppa, secondogenita di Alessandro Vidua, fratello minore di Pio Gerolamo: un «capitale censo» di 66 doppie e due terzi di Savoia acceso con atto notarile del 13 giugno 1763; la cascina Dorera in Conzano; i privilegi («ragioni») sui banchi di proprietà del conte Vidua nelle parrocchiali di Conzano e San Maurizio, in alcuni edifici sacri di Casale (Cattedrale di Sant’Evasio, chiese dell’Addolorata, di San Domenico e San Filippo) e nel Santuario di Crea; i diritti su una cappella dell’omonimo Sacro Monte; la citata libreria personale del conte Pio con il vincolo di lasciarla nel predetto palazzo di Casale e di non permutarla o venderla prima del compimento dei trent’anni di età; la piena proprietà di alcuni immobili posseduti in vita dalla vedova del conte a titolo di usufrutto.

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Il conte Vidua vincola i legati immobiliari di Luigi Millo (le residenze di Casale e Conzano, la cascina della Dorera, altri cascinali, vigne e un mulino nel territorio di Conzano) all’istituzione di primogenitura maschile, chiamando in successione il figlio primogenito dello stesso pronipote; in mancanza di figli di quest’ultimo, il conte Pio chiama in subordine il fratello di Luigi, marchese Evasio, o, in caso di suo decesso, il di lui primogenito. Il testatore obbliga il pronipote Luigi (o suo fratello, marchese Evasio, ovvero i di lui figli, qualora si fosse trasmessa la primogenitura) a unire il cognome della famiglia Vidua, inclusa l’arma gentilizia, a quello proprio. Il conte istituisce poi alcuni legati a favore del Vescovato e Mensa vescovile di Casale.

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Il conte Vidua istituisce erede universale la figlia Luisa, contessa Incisa Beccaria di Stefano Belbo, alla quale raccomanda di lasciare al pronipote Luigi Millo, o, in sua mancanza, al di lui fratello, marchese Evasio, ovvero ai figli di quest’ultimo, «tutte le carte e memorie di famiglia». Autografo del conte Vidua in calce al foglio.

Verbale di apertura del testamento segreto dell’«Illustrissima Signora Contessa Luigia Giulia Anna Francesca Maria [Vidua] Incisa di Santo Stefano defunta in questa città». 

La contessa Luisa Vidua, figlia del conte Pio, assegna al padre l’usufrutto generale dei suoi beni, pregandolo di voler rinunciare ai suoi diritti di legittimario sulla sua eredità. In caso contrario, la testatrice lo nomina erede particolare della metà della parte delle grangie di Belgioioso e di Ramezzana a lei spettante, in modo da ripartire questa porzione in altre due quote eguali fra il padre ed il suo erede universale indicato nella persona del cugino Luigi Leardi Angelieri di Terzo. La testatrice istituisce poi il nipote, cavaliere Emanuele Incisa di Grognardo, erede particolare di tutti i beni immobili da lei goduti e posseduti all’epoca del suo decesso, compresi anche i livelli acquistati dal marchese Gaspare Corti nell’ottobre 1833, posti sui territori di Santo Stefano Belbo e di Incisa e ricadenti nell’eredità del defunto marito, conte Carlo Emanuele Incisa di Santo Stefano.

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Luisa Vidua istituisce numerosi legati in favore di persone fisiche – il nipote Incisa di Grognardo, la «damigella» Luigia Maria Faà di Bruno, le tre sorelle Vidua sue cugine «germane» (Emilia Arcasio, Placidia Richeri, marchesa Giuseppa Millo), i coniugi conti Giulio Cesare e Clara Leardi Angelieri di Terzo, il notaio Giovanni Giacomo Ronfani  – ed enti (le chiese parrocchiali di Conzano, San Maurizio, Incisa, Santo Stefano Belbo, San Domenico in Casale e l’ospedale della Carità nella stessa città), incaricando il predetto cavalier Incisa di Grognardo di eseguirli in modo esatto e puntuale, a pena di decadere dalla sua qualità di erede particolare. Alle due citate chiese di Conzano e San Maurizio e a quella di San Giovanni Battista di Incisa la testatrice lega in particolare duemila lire ciascuna per la celebrazione perpetua degli anniversari suo, del marito e del fratello Carlo.

La contessa Luisa Vidua lega alla marchesa Giuseppa Millo, sua cugina, la casa posseduta in Casale, attigua a quella del marchese Millo, con tutti i mobili in essa esistenti, ad eccezione del vestiario e biancheria personale, e degli altri oggetti di cui avrebbe disposto anche con memorie private scritte in carta bollata da lei sottoscritte. Alla medesima cugina lega inoltre la cascina detta «Balliana», sita nel territorio di Casale. Malgrado i cospicui legati, la marchesa Millo e suo figlio Luigi promossero due azioni giudiziarie contro il cugino Luigi Leardi, erede universale, per ottenere anche le argenterie, i gioielli, gli oggetti artistici e scientifici presenti nella residenza casalese di Luisa, compresi i cimeli, i reperti antichi e la parte della libreria di Carlo Vidua che non era stata donata dal padre nel 1833 all’Accademia delle Scienze di Torino.    

La testatrice istituisce il cugino, conte Luigi Leardi Angelieri di Terzo, erede universale di tutti gli altri suoi «beni, crediti, ragioni, azioni e nomi dei debitori», con l’obbligo di pagare il prezzo residuo delle grangie di Belgioioso e Ramezzana che sarebbe stato ancora dovuto all’epoca del suo decesso, nonché tutte le altre passività gravanti sul di lei patrimonio pervenutole dall’eredità del fratello Carlo o del loro padre, conte Pio. La contessa Vidua obbliga anche il cugino Leardi – «sua vita natural durante» – a far celebrare ogni anno nella chiesa di Sant’Antonio di Casale due messe in suffragio della sua anima e di quella del fratello Carlo. Infine, nomina suo esecutore testamentario l’avvocato Luigi Ronfani, affinché provveda al ritiro di tutte le chiavi della sua residenza casalese e quelle di alcuni mobili in essa esistenti. L’esecutore testamentario è altresì incaricato da Luisa Vidua, di prelevare denaro, diamanti, orologi, gioielli e le argenterie presenti nella casa e nei mobili ivi collocati, facendone poi l’uso che gli sarebbe stato indicato in eventuali note e memorie redatte o sottoscritte dalla testatrice, la quale avrebbe così confermato la sua volontà di sottrarli al legato a favore dei cugini Millo.     Fra questi beni non sono citati espressamente gli oggetti artistici e scientifici, i souvenirs di viaggio e la libreria di Carlo Vidua (poi reclamati dai cugini Millo) che, secondo le intenzioni della sorella Luisa, a suo tempo manifestate in alcune lettere al cugino Leardi – che tali beni ereditò – erano destinati all’istituzione di un «Museo» dedicato alla memoria del fratello viaggiatore. Segnaliamo che l’erede universale di Luisa donò nel 1840 un’ulteriore parte della libreria del viaggiatore di Casalese all’Accademia delle Scienze di Torino.

Atto di presentazione del testamento segreto del conte Luigi Leardi al notaio Francesco Devecchi di Casale. Il foglio n. 309 contiene il riferimento ai titoli del testatore: cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, Sindaco di prima classe della città di Casale, sottotenente aggregato del 12° reggimento di fanteria «Brigata di Casale». Segnaliamo la descrizione dettagliata delle armi gentilizie della «nobile famiglia» Leardi impresse sui cinque sigilli in ceralacca rossa apposti al plico contenente il suo atto di ultima volontà. 

Verbale di apertura e pubblicazione del testamento segreto del conte Luigi Leardi Angelieri di Terzo a cura del notaio Francesco Devecchi.  

Il conte Luigi Leardi, cugino di Carlo e Luisa Vidua, istituisce 19 legati a favore di enti e persone fisiche. Fra i legatari si segnalano numerosi enti casalesi: l’Opera Pia della Misericordia, il Regio Orfanotrofio di San Giuseppe, il Regio Ospedale di Carità, il Regio Ospedale degli Infermi, la «prima classe infantile» delle Regie Scuole normali di Carità a condizione che fosse «governata e diretta» secondo il metodo didattico dell’abate Ferrante Aporti, la Compagnia di San Luigi eretta nell’omonima parrocchiale della città.

Di particolare interesse il legato all’«esimio» avvocato Urbano Rattazzi consistente in «uno astuchio di dodici posate compite con cazzule da zuppa d’argento» con l’auspicio che voglia assistere la madre, contessa Clara, con lo stesso interesse dimostrato per gli affari del testatore.

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Luigi Leardi nomina erede universale del suo patrimonio la madre, contessa Clara, figlia del marchese Giovanni Giacomo Cocconito di Montiglio, pregandola in particolare di raccogliere in due sale del palazzo di famiglia in Casale «la libreria, carte, scritti, curiosità, antichità ed oggetti rari formanti il così detto Museo ossia raccolta di tutti gli oggetti pervenuti dal Conte Carlo Vidua», collocandovi i busti dei suoi cugini – il conte Carlo Vidua e la contessa Luisa Incisa di Santo Stefano di lui sorella – ed «ordinando il tutto in modo da far bella mostra di loro». Il conte Leardi prega altresì la madre di «voler poi provvedere acciò li stessi oggetti e libreria rimangano perpetuamente riuniti in un sol luogo in questa città [Casale] a decoro della medesima per lustro della famiglia e ad onoranza dell’Illustre Defunto che con tante sue fatiche ebbe a raccoglierle».

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Verbale di apertura del testamento segreto presentato al notaio Giovanni Negri il 5 dicembre 1852 dalla contessa Clara Leardi Angelieri di Terzo, vedova del conte Giulio Cesare, figlia del marchese Giovanni Giacomo Cocconito di Montiglio. Autografo della contessa Leardi.

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La testatrice istituisce una lunga serie di legati a favore di collaboratori (don Luigi Amandola, amministratore del patrimonio, l’avvocato Paolo Lanza, esecutore testamentario), parenti (le sue tre sorelle Gabriella, Giuseppina, Felicita Cocconito di Montiglio e numerosi nipoti, fra i quali, l’avvocato Augusto Trompeo, consigliere presso il Magistrato d’Appello di Casale, il marchese Carlo Solaro del Borgo, le sorelle Carolina, Felicita, Livia Scozia di Pino) ed enti benefici casalesi (l’Opera Pia della Misericordia, l’Orfanotrofio di San Giuseppe, il «Ritiro delle figlie pericolanti», le Regie Scuole Normali di Carità).

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La nobildonna nomina erede universale del suo patrimonio il «Regio Ospedale degli Infermi, sotto il titolo di S. Spirito, di Casale Monferrato a cui fa obbligo di realizzare al suo interno una «sala anatomica» ed istituire sei posti letto per le malattie incurabili e per la «Clinica», riservati agli abitanti del territorio casalese e di Pieve del Cairo.

La contessa Leardi lega alla Città di Casale il palazzo di famiglia (compresi il giardino e le «case unite»), gli arredi – esclusi quelli destinati alla cappella esistente nell’edificio ed i mobili collocati nelle sale al piano terreno dello stesso immobile – e la somma di lire 250.000 da versare all’Amministrazione civica solo dopo che sia trascorso un quinquennio dalla sua scomparsa.

La testatrice lega poi alla Città di Casale «tutti i libri, le carte, gli scritti, le curiosità ed antichità, nonché gli oggetti vari provenienti particolarmente dalla successione del conte Carlo Vidua, i quadri tutti e le incisioni». La contessa Leardi vincola l’Amministrazione civica a destinare la predetta somma e la rendita dal 4% annua da essa derivante alla raccolta e conservazione perpetua «ad uso del pubblico» di tutti i citati beni i quali dovranno essere collocati al piano terreno del palazzo legato, occupando tutte le sale ritenute idonee ad esporli – con l’avvertenza di tenere distinti i libri della sua famiglia da quelli pervenuti dall’eredità del conte Vidua – affinché ogni cosa sia ordinata «in modo da fare bella mostra e tornare a decoro della Città, a lustro della famiglia Leardi e ad onoranza dell’illustre defunto», secondo i desideri espressi nel testamento del suo «dilettissimo» figlio conte Luigi. Quanto ai manoscritti del conte Vidua – precisa la contessa Leardi – i medesimi dovranno essere conservati e custoditi a cura della Civica Amministrazione in una delle predette sale, senza tuttavia poter essere esposti al pubblico. La testatrice dispone altresì che siano collocate in una delle medesime sale del palazzo di famiglia, destinate alla raccolta dei citati oggetti, i busti di suo figlio, conte Luigi Leardi, del conte Carlo Vidua e della di lui sorella, contessa Luisa Incisa di Santo Stefano. Nei lasciti testamentari a favore della Città di Casale, la contessa Leardi inserisce l’onere per l’ente di provvedere alla fondazione nel palazzo di famiglia di un istituto-convitto – intitolato a suo figlio – destinato all’educazione e formazione di giovani appartenenti alle classi meno agiate. La nobildonna prescrive infine all’Amministrazione civica, a pena di decadenza dei legati di cui essa è beneficiaria, di eseguire il predetto incarico entro il termine di tre anni dal suo decesso, trascorso il quale dovrà provvedervi il suo erede universale, ossia l’Ospedale di S. Spirito. Il Comune di Casale eseguì tuttavia queste disposizioni testamentarie realizzando nel palazzo dei conti Leardi 1858 il primo Istituto tecnico in Italia che tuttora svolge funzioni didattiche con la denominazione «Istituto di istruzione superiore Leardi».

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Il conte Pietro Civalieri di Masio, inviato a Parigi con una delegazione in rappresentanza della città di Alessandria per presentare omaggio di fedeltà a Napoleone, rievoca gli incontri avvenuti nel 1814 nella capitale dell’Impero con Carlo Vidua durante il suo viaggio di formazione in Francia.

Il nobiluomo alessandrino descrive con molta schiettezza la figura del viaggiatore casalese esaltandone la raffinata cultura e la curiosità intellettuale sfoggiati nei salotti parigini. Nella testimonianza del Civalieri, il viaggiatore casalese era «grandissimo di statura, ma cotanto magro che di più nol potea essere. La di lui fisionomia era veramente brutta […] dimesso assai nel vestire, gonzo nel camminare e vi si aggiungeva la vista breve». La poco lusinghiera descrizione fisica del Vidua era peraltro compensata da quella del suo profilo culturale: «ma allorché parlava, era tanta la sua istruzione, tale la sua eloquenza mista ai detti spiritosi e filosofici, che tutto facea dimenticare l’orrido della sua presenza. Era erudito nella lingua italiana, latina, francese ed inglese, e tutte le parlava con facilità e bella pronunzia. Era avido fin d’allora di apprendere le costumanze della gente ove egli recavasi». Durante una serata mondana presso il salotto della marchesa di Villeray, il Vidua catturò l’attenzione dei presenti anche per il suo talento musicale, suonando il clavicembalo «con grande maestria, e profonda espressione. Aveva una voce perfida, ma la sapeva modulare e cagionar diletto». Il Civalieri ricorda anche il carattere temerario del Vidua che, in occasione dell’assedio di Parigi da parte degli alleati austro-russo-prussiani in seguito all’abdicazione di Napoleone, raggiunse Montmartre, insieme al viaggiatore casalese, per osservare le truppe della coalizione che, combattendo contro le residue forze napoleoniche, si stavano attestando sulla collina di Belleville: «quella testa originale del Vidua non volea abbandonar quel luogo, per veder più ancora, ed era vera follia poiché eravam già presso alla portata del cannone, e fra breve i Russi ci sarebbero venuti a ritrovare. Fummi malagevole di indurlo a seguirmi, e già me ne andava io solo».

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Il conte Pietro Civalieri segnala la notizia dell’improvvisa scomparsa di Carlo Vidua (Morte del Conte Vidua), deceduto il 25 dicembre 1830 a bordo di una nave diretta al porto di Ambon, nelle Molucche olandesi, per curare le gravi ustioni provocate a una gamba dalla sua fortuita immersione in una delle solfatare dell’isola vulcanica di Celebes (oggi Sulawesi) in Indonesia a est del Borneo.

Nelle sue Memorie storiche, il Civalieri trascrive successivamente il lungo necrologio dedicato al Vidua dalla «Revue encyclopédique» di Parigi nel numero LII dell’ottobre 1831, inserendo alcuni commenti personali al testo originale redatto in lingua francese: «Asie – Batavia – On a reçu ici la confirmation de la nouvelle de la mort du Comte Charles Vidua de Conzano, connu par les intéressants voyages dans la plus grande partie de l’Europe, sur la côte occidentale de l’Amérique , et la majeure partie de l’Asie». A quest’ultimo proposito, il Civalieri stigmatizza opportunamente il fatto che i redattori della rivista non hanno ricordato le importanti esperienze di viaggio del Vidua nel continente africano e, aggiungiamo noi, il suo fondamentale ruolo svolto nell’acquisto della collezione di antichità di Bernardino Drovetti, già console di Francia in Egitto, che rappresentò il primo nucleo costitutivo del Museo Egizio di Torino: «Si avrebbe potuto aggiungere anche una parte dell’Affrica [sic], poiché ha visitato l’alto ed il basso Egitto, e le coste della Guinea». Gli estensori del necrologio osservano poi che il conte Vidua non aveva sino ad allora pubblicato le relazioni dei suoi viaggi, limitandosi a dare alle stampe una raccolta di iscrizioni greco-romane repertate durante il tour nell’Impero ottomano. Il riferimento è all’opera Inscriptiones antiquae a comite Carolo Vidua in Turcico itinere collectae, edita a Parigi nel 1826. Gli stessi redattori informano tuttavia che il viaggiatore casalese non aveva mai cessato di inviare a un non identificato amico in Europa le copie delle sue note di viaggio e concludono con l’auspicio di ricevere presto conferma di quest’ultima notizia affinché «les observations intéressantes faites par lui ne soient point perdues pour la science». Nell’appendice alla sua nota, il Civalieri ricorda che «anteriormente» ai viaggi del Vidua, egli era stato «intrinseco con esso lui» e di averlo poi incontrato a Parigi nel 1814 dove lo presentò ad «alcune distinte case», dedicandogli anche alcuni brani nelle sue citate Rimembranze del viaggio parigino. Ricorda infine il Civalieri di possedere nella sua biblioteca una copia delle Lettere di Carlo Vidua pubblicate a cura dell’amico-biografo Cesare Balbo ed un opuscolo sulla letteratura italiana donatogli dalla di lui sorella, contessa Luisa Incisa di Santo Stefano.

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Il presidente el-Nasser invia al geometra Emanuelli di Pecetto di Valenza un biglietto d’auguri, con sovrastampata l’aquila, nuovo stemma dello Stato egiziano e la riproduzione fotografica di un dipinto, verosimilmente realizzato in epoca moderna, in parte ispirato al celebre affresco delle tre suonatrici nella tomba TT 52, attribuita alla XVIII dinastia, del sacerdote Nakht nella necropoli di Tebe.

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2_Carte Emanuelli tempio Abu Simbel 1962
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Gamāl ʿAbd al-Nāṣir Ḥusayn, presidente della Repubblica Araba d’Egitto dal 1956 al 1970, invia al geometra Emanuelli di Pecetto di Valenza un biglietto d’auguri, con sovrastampata a colori l’aquila, nuovo stemma dello Stato egiziano e la riproduzione fotografica della facciata del tempio maggiore di Abū Simbel.

Si tratta di una delle ultime foto del tempio scattata nel sito originale prima del suo trasferimento negli anni Sessanta, a seguito della costruzione della nuova diga di Aswā’n che, creando un bacino artificiale (il futuro lago Nasser), avrebbe sommerso per sempre gran parte dei siti archeologici nubiani. Per questo motivo, l’UNESCO bandì nel 1960 una campagna internazionale – cui partecipò anche l’Italia – con l’obiettivo di salvare i templi dell’isola di Philae ed i santuari rupestri di Abū Simbel, allora situati a pochi metri dalle rive del Nilo. Per ricompensare l’Italia del fondamentale contributo tecnico alle operazioni di ricostruzione di questi monumenti, il governo egiziano donò nel 1965 il tempietto rupestre nubiano di Ellesija che fu destinato al Museo Egizio di Torino.

I due templi di Abū Simbel furono così smontati in un migliaio di blocchi e poi ricostruiti, fra il 1964 e il 1968, sulla spianata desertica collocata 65 metri più in alto e in posizione arretrata di oltre 200 metri a ovest rispetto al sito primitivo.

Memorabile è la descrizione dei templi di Abū Simbel visitati da Carlo Vidua tra il 24 e il 27 marzo 1820, il quale eseguì i rilievi del santuario maggiore durante le ore notturne per ripararsi dal caldo torrido: «È questo uno de’ monumenti i più maestosi ed i più semplici che si possano immaginare. Gli Egizi vi impiegarono solamente lo scalpello; non v’è una pietra, non ferro, non cemento. La facciata è formata da un incavo nel monte, nel quale lasciaron quattro massicci, a cui diedero forma umana, e ne risultarono quattro colossi assisi. Ma che colossi!» (cfr. Lettere del conte Carlo Vidua pubblicate da Cesare Balbo, tomo II, libro II, lettera n. 63, Ad N.N., Smirne, 15 giugno 1821, Giuseppe Pomba, Torino, 1834, p. 351).

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Il presidente el-Nasser, invia al geometra Emanuelli di Pecetto di Valenza un biglietto d’auguri, con sovrastampata a colori l’aquila, nuovo stemma dello Stato egiziano e la riproduzione fotografica a colori della nuova diga di Aswā’n. Nel 1955, el-Nasser, un anno prima di essere eletto capo dello Stato, decise di far innalzare una nuova diga nei pressi di Aswā’n, tra la prima e la seconda cateratta del Nilo, per sostituire quella vecchia, costruita più a nord fra il 1899 e il 1902, ormai insufficiente a contenere le piene del grande fiume.

La costruzione della grande diga ebbe inizio nel 1960 e terminò il 21 luglio del 1970, dando origine al c.d. Lago Nasser, il bacino artificiale più grande del mondo

Questa cartina, realizzata dal barone Giuseppe De Boccard, vice-console italiano a Port Said ovvero da suo fratello Giulio, capitano del Corpo dello Stato Maggiore del Regio Esercito, indica in modo dettagliato alcune delle località visitate cinquant’anni prima da Carlo Vidua durante il suo tour nel Medio-Oriente. Sbarcato il 15 agosto 1820 a Jaffa, sulle coste della Palestina, proveniente dall’Egitto, il viaggiatore casalese raggiunse Gerusalemme due giorni dopo, visitando poi la Terra Santa (Betlemme, Hebron, Gerico, Nazareth, San Giovanni d’Acri), il Libano (Tiro, Sidone, Beirut), la Siria (Damasco, Palmira) e di nuovo il Paese dei cedri (Baalbek, il monte Libano, Tripoli e il monastero maronita di Dayr Qannūbīn). Ritornato a Beirut, s’imbarcò a dicembre per Larnaca nell’isola di Cipro da cui proseguì per Rodi (gennaio 1821) e Atene (31 marzo), allora in piena guerra d’indipendenza contro l’impero ottomano.

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