Sei mesi dopo il matrimonio, contratto “a riti ebraici” il 15 marzo 1726, “che in ebraico cade in giorno 12 Adar S(h)eni 5486”, i coniugi alessandrini Allegra Vittale di Salvador e Michel David Della Torre fu Gersone, col consenso dei di lui fratelli maggiori Sanson, Matasia e Israel sottoscrivono un contratto di dote rogato dal notaio Nicolao Gioseppe Maroelli in data 6 settembre 1726, alle 22, presso l’abitazione del signor decano Paolo Emilio Toledo.
In aggiunta alla notevole somma di 3.466 lire, 13 soldi e 4 denari sono compresi nella dote un corposo agreo di biancheria e gioielli minutamente stimato e descritto in quattro pagine, due posti nell’oratorio degli ebrei, una abitazione di proprietà e una bottega in affitto, indizio certo di attività artigianale, purtroppo non meglio precisata, trasmessa da suocero a genero: potrebbe ad esempio trattarsi di un’attività di calzolaio, diffusamente praticata della comunità ebraica in Alessandria.
Notevole la presenza di una casa tra i beni dotali: erano infatti estremamente rari gli immobili e i terreni dati in dote, venendo in genere preferito tenerli all’interno dell’asse patrimoniale ereditario da cui le figlie maritate venivano escluse. L’atto inoltre testimonia come nel 1726 gli ebrei potessero ancora essere proprietari di immobili nel Regno di Sardegna, diritto che venne loro tolto di lì a poco, nel 1729.
Nelle clausole finali di questo atto sono presenti formule riscontrabili unicamente in alcuni contratti dotali tra ebrei, determinanti la restituzione della dote e della donazione maritale, in tutto o in parte, in caso di premorienza di uno dei coniugi nei primi due anni di matrimonio
AS-AL, Uffici di Insinuazione, Tappa di Alessandria, anno 1726, libro terzo, n. 1, cc. 421-426
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