I^ sentenza. Furto di animali


Nei provvedimenti emessi dai giudici anche un furto di volatili da cortile, benché di scarso valore, non restava mai impunito: costituiva infatti grave reato violare la pubblica fede e il senso civico cui erano lasciati i volatili che razzolavano nelle campagne senza che vi si potesse prestare adeguata vigilanza. Il 22 luglio 1803 le sorelle Isabella e Antonietta Baratta di Montechiaro d’Acqui, ree del furto di due polli – nel frattempo ritrovati e restituiti ai legittimi proprietari -, vengono condannate a quattro giorni di carcere, avendone già scontati undici prima della lettura della sentenza. I giudici pertanto, pur ritenendo il furto di polli un reato minimo, decidono in ogni caso di non lasciarlo sprovvisto di una sanzione penale, ancorché simbolica, dimostrando l’inflessibilità del sistema giudiziario in età napoleonica e, al contempo, la ponderatezza della pena in relazione al valore del bene rubato e alla carcerazione preventiva già scontata dalle colpevoli.

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